Sono tanti i problemi genetici che, secondo gli osservatori più critici, contraddistinguono la svolta digitale terrestre all'italiana. Da un punto di vista economico e politico, la riproposizione degli stessi equilibri oligopolistici della tv analogica, con Rai e Mediaset a fare la parte del leone. Sul versante più tecnico, qualche probabile difficoltà a far quadrare i conti quando, dopo la Sardegna, si tratterà di coordinare segnali e spazi in regioni a più alta densità di protagonisti dell'etere, nazionali e locali. Dal punto di vista del marketing, invece, appare palese la difficoltà a far passare l'immagine che quella del digitale terrestre sia, come quella di Sky, una vera piattaforma, e non un insieme ancora disomogeneo di offerte, pay e in chiaro, che spesso si fa fatica a ricevere tutte con lo stesso decoder attraverso l'antenna condominiale. Infine gli scenaristi, che bollano il dtt come una tecnologia transitoria, destinata prima o poi ad essere soppiantata dall'Iptv, capace di esaudire fino in fondo le promesse della convergenza senza alcun problema di capacità di accoglienza dei contenuti da veicolare. A questi vizi e limiti, già molto spesso citati, se ne sta per aggiungere un altro. Il parco di decoder per il digitale terrestre invecchia a una velocità che appare esagerata, specie se si considera che questa tecnologia è ancora ben lontana dall'affermarsi. Divenuta presto obsoleta la prima generazione di ricevitori finanziati dal governo, è stata poi la volta di quelli integrati nei nuovi televisori al plasma o a cristalli liquidi, molto spesso manchevoli della ‘cam' per supportare anche l'offerta a pagamento che nel frattempo era divenuta la parte predominante e più interessante della proposta. Ebbene, ora sono le notizie che accompagnano la transizione in Sardegna a sollecitare qualche ulteriore riflessione dubbio. In quella regione la Rai ha dedicato un proprio multiplex alla sperimentazione della programmazione in alta definizione e non c'è dubbio che Viale Mazzini insisterà in un percorso già da tempo intrapreso e che ha avuto nella trasmissione in hd degli Europei di calcio e delle Olimpiadi di Pechino i suoi momenti topici. Mediaset, d'altro canto, ha in questi mesi condotto una serie di prove dello stesso tipo sulle emissioni sarde di Rete 4 e ha poi annunciato sviluppi ancora più importanti. Entro il 2012 sono destinate a trasmettere in hd le tre ammiraglie: Canale 5, Rete 4, Canale 5. Se questa prospettiva della diffusione sempre più ampia di programmazione in standard elevato appare lontana per chi di un televisore si è già dotato e non ha alcuna intenzione di cambiarlo, diventa più rilevante per chi non lo ha ancora fatto e vuole investire i propri soldi a ragion veduta. E soprattutto diventa ancora più significativa per i produttori di apparati che vogliono presentarsi con modelli il più possibile aggiornati quando, regione dopo regione, il cammino verso lo switch off potrebbe innalzare i toni della competizione industriale. Potere rendere disponibili tv color ‘full hd' con integrato il decoder con la ‘cam' per la tv a pagamento e, di più, capaci di ricevere i segnali in alta definizione, potrebbe fare la differenza rispetto alla concorrenza.